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Sindrome del QT lungo, finanziamento triennale da Telethon

Nell’équipe pavese anche il team guidato dal professor Giovanni Lentini del Dipartimento di Farmacia - Scienze del Farmaco di UniBa

“Abbiamo identificato molecole che potrebbero essere target specifici di mutazioni che causano la sindrome del QT Lungo: ora siamo molto soddisfatti di aver ricevuto questo finanziamento che ci aiuterà a portare nuove cure ai pazienti. La nostra ricerca è infatti da molti anni focalizzata a migliorare la vita dei pazienti affetti da aritmie su base genetica. ”.

Silvia Priori, col suo team del Laboratorio di Cardiologia Molecolare, studia le cause di una malattia genetica, la sindrome del QT lungo nella quale una mutazione del DNA provoca un’aritmia letale che è causa di morte improvvisa, soprattutto nei giovani e nei bambini.

Per questo progetto, che Telethon ha deciso di finanziare, l’équipe pavese unisce il proprio expertise a quello dei ricercatori della Statale di Milano e dell’Università di Bari.

“Il nostro lavoro di ricerca”, spiega la studiosa, “ è caratterizzato dallo studio del paziente affetto da sindrome del QT lungo ed in particolare sulla identificazione delle mutazioni che determinano la malattia. Da questo punto di partenza indaghiamo il meccanismo elettrofisiologico che determina le aritmie per sviluppare nuove terapie mirate a correggere il difetto specifico di ciascun paziente. In questo progetto saremo affiancati dal gruppo di ricerca del professor Carlo Camilloni del dipartimento di Bioscienze dell’Università Statale di Milano, un fisico esperto di biologia strutturale, che ci aiuterà a comprendere i meccanismi molecolari della malattia utilizzando la crio-microscopia, tecnica sofisticata che permette di studiare la conformazione tridimensionale delle proteine e definire le differenze fra una proteina normale ed una mutata che causa la malattia in studio. “ Il progetto che Telethon finanzierà per tre anni si pone l’obiettivo di disegnare e sintetizzare molecole che possano correggere alcuni dei difetti molecolari piu’ comuni nella sindrome del QT lungo.

Questo obiettivo sarà raggiunto tramite un’altra collaborazione in campo, quella col team guidato dal professor Giovanni Lentini del Dipartimento di Farmacia - Scienze del Farmaco dell’Università di Bari Aldo Moro. “Insieme a loro”, continua Priori, “punteremo alla identificazione di piccole molecole (small molecules), che possano contrastare le alterazioni funzionali identificate dal mio gruppo e da quello di Camilloni per restituire ai canali ionici un’attività elettrica normale”.

Il gruppo di Silvia Priori è finanziato da molti anni da Telethon e proprio con il supporto di Telethon ha sviluppato le prime terapie geniche per la malattia chiamata Tachicardia polimorfa catecolaminergica. Ora l’attenzione di Priori e dei sui collaboratori all’Università di Pavia si dirige verso la Sindrome del QT lungo, patologia di cui da molti anni si occupa anche il gruppo clinico di Cardiologia Molecolare presso gli Istituti Clinici Scientifici Maugeri di Pavia. Dal 1997 Priori e i suoi collaboratori hanno diagnosticato e curato oltre 6.500 casi di malattie genetiche cuore fra cui piu’ di 2000 soggetti affetti da Sindrome del QT Lungo. “ I nostri pazienti ci chiedono costantemente cure migliori, piu’ efficaci e meglio tollerate. Ovviamente tutti attendono la scoperta di una “cura “ che possa “guarire” dalla malattia. Questo è un nostro obiettivo che perseguiamo con grande motivazione, tuttavia, riteniamo importante anche sviluppare farmaci nuovi per quei pazienti che anche in futuro possano ridurre il rischio aritmico senza bisogno di ricorrere alla terapia genica. Il nostro obiettivo è infatti quello di lavorare per produrre risposte terapeutiche personalizzate anche in base alla gravità della malattia nel singolo paziente. Questo sforzo è giustificato non soltanto dall’impegno a migliorare la prognosi dei pazienti ma anche di contribuire ad una innovazione sostenibile in cui le cure più costose (quali la terapia genica) vengo impiegata nei casi più gravi mentre terapie farmacologiche innovative proteggano pazienti con forme piu’ lievi di malattia.”

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